H.E. Tsenshap Serkong Rinpoche II ha commentato la stanza numero 45 dell’VIII° capitolo del Bodhiasattvacharyavatara.
Queste prime lezioni del nuovo anno relative al Bodhisattvacharyavatara di Shantideva, iniziano con delle immagini un po’ forti, che parlano di cose un po’ forti.
Eravamo forse arrivati alla strofa numero 45:
Qui, nell’ottavo capitolo, il capitolo sull’assorbimento meditativo,l’argomento principale è come proteggere la mente dall’attaccamento al corpo e i metodi attraverso i quali proteggere la mente. Se ne parla in relazione agli yogi che nella loro pratica si recavano nei cimiteri, così da poter vedere chiaramente la natura impura del corpo. Viene incoraggiato l’isolarsi per tenere separata la mente dalle distrazioni, per vedere la natura sia del proprio corpo, sia del corpo altrui, comprendendo come l’afferrarsi al corpo ( non capendo che è impuro) sia uno dei più grandi ostacoli alla pratica del Dharma.
All’interno del Commentario di Gyaltsab Je, siamo nel punto in cui si dice: “Non è adeguato proteggere il corpo proprio e altrui con un senso di avidità (n.del t.: in tibetano può significare anche “avarizia”, ma è più consono, in questo caso, tradurre con “avidità”).
Qui si parla di come si è portati a proteggere il corpo proprio e altrui con avidità. Letteralmente, in tiberano la parola è proprio avarizia/avidità, e sta ad indicare questo modo di relazionarci al nostro corpo, avendo un forte attaccamento, come quando siamo avari, avidi, in pratica . Quindi, ci dobbiamo proteggere da questo modo di vedere il corpo con questa sorta di avarizia. Certo, dice Rinpoche , in generale bisogna pur proteggere il corpo, ma in questo caso si parla di questo aspetto.
Se guardiamo il Commentario di Gyaltsab Je, in relazione alla strofa numero 45, leggiamo: “Quando altri uomini guardano la tua donna, tu gelosamente la proteggi dal loro sguardo. O avaro. ( Ecco, in questo senso, il significato ha letteralmente a che fare con “avarizia”). Ma quando il corpo della tua donna verrà mangiato dagli avvoltoi e così via, perché, in quel momento, non lo proteggerai?”
Perciò, ora dobbiamo tenere bene a mente che questo è un dibattito all’interno di noi stessi, non è per dire a tutti: “sei tu la persona che ha qualche forte ostacolo, che ha questo forte attaccamento, che attraverso l’attaccamento, ha questa avarizia/avidità”.
Piuttosto, vedendo questo problema, comprendiamo che è necessario lasciarlo andare. Ma non ci riusciamo, e rimaniamo così fortemente attaccati, che a quel punto vediamo che è un problema. Per penetrare questo problema, per comprendere questo modo di attaccarsi, dobbiamo dibattere con noi stessi. Quindi, non basta dire: “beh, c’è un problema, gli altri hanno un problema con me”, e così via, non è sufficiente. Bisogna arrivare a capire da dove deriva questo problema.
È come quando si prova un forte attaccamento, quando si avverte questo tipo di sensazione. Gyaltsab Je e Shantideva dicono che un tale suggerimento è propriamente indirizzato ai monaci, però, in questo caso, si riferisce a qualcuno che protegge la propria moglie in maniera molto forte. Allora, bisogna sapere che cosa realmente stanno proteggendo…
Ricordiamo che queste trascrizioni sono fatte da studenti e non sono revisionate dal Maestro