Continuiamo a ripercorrere il commentario di H.E Tsenshap Serkong Rinpoche II alla strofa numero 47 dell’VIII° capitolo del Bodhisattvacharyavatara. video dell’incontro
…La maggior parte dei praticanti è solita perdere la propria calma, la propria concentrazione, per via della sensazione fisica. Perciò, per rafforzare la meditazione, per renderla più forte, bisogna considerare come il forte attaccamento, per esempio, di un monaco verso le donne, oppure di una donna verso gli uomini, possa essere una grande fonte di distrazione. Non voglio però chiamarla bruttezza della donna o bruttezza dell’uomo, parlerei invece di bruttezza della natura umana. A volte si potrebbe dire che è tutto relativo, quindi, che vi sia della bruttezza o meno è relativo.
Nella parte finale di questo testo, più avanti, emergerà proprio questo, ossia che in quanto praticanti, alle volte abbiamo bisogno di rimproverare noi stessi, e ciò ci aiuterà a risvegliare la nostra concentrazione. L’essere, invece, troppo gentili con noi stessi non sempre funziona. Se però, sostenuti da una buona motivazione e con un senso di sollecitudine, cominciamo a sgridarci un po’, a essere un po’ duri con noi stessi, tutto ciò ci sarà molto utile e ci farà bene. Quindi, in questo caso è più come “sgridare noi stessi”.
Shantideva dice che a meno di non fare qualcosa di molto importante, necessario o significativo in questa vita, saremo solo dei produttori di cacca.
E però noi diciamo: “ faccio la cacca, ma non sono un produttore di cacca”; oppure allo stesso modo diciamo di essere arrabbiati ma non ci consideriamo persone arrabbiate: “a volte mi arrabbio, ma non sono irascibile”; oppure: “a volte rubo un po’, ma non sono un ladro”. E così, facciamo sempre delle differenziazioni rispetto a noi stessi, e in queste differenziazioni ci sembra di trarre un beneficio ( in quanto ci vediamo in una luce migliore n. d. r.). In quanto praticanti dovremmo invece “sgridarci”, dirci: “tu sei così”, “tu sei così”, in modo da pensare di dover fare qualcosa di meglio.
E non dovremmo sentirci inutili o pensare di essere solo dei produttori di escrementi. Questo non va bene. Questo è contro i voti del bodhisattva.
Per poter riuscire a far sorgere bodhicitta bisogna pensare a tutte queste cose. Anche Lama Tsong Khapa, nel Lam-Rim Chenmo, dice che vi sono alcune persone che sostengono di essere dei praticanti di bodhicitta, ma non riescono nemmeno ad apprezzare le pratiche degli Uditori (Sravaka) e dei Realizzatori Solitari (Pratyekabuddha), ptratiche che, invece, dovrebbero essere in comune con quelle del bodhisattva, come, ad esempio, quella di diminuire l’attaccamento.
Tutte queste sono pratiche in comune, ma invece queste persone che si impegnano nel cammino del bodhisattva dicono: “no queste sono pratiche degli Uditori o dei Realizzatori Solitari, la pratica del bodhisattva è più forte”, sminuendoli. Ma in questo modo non si arriverà da nessuna parte.
Perciò, Lama TsongKhapa sostiene che un bodhisattva deve necessariamente procedere per gradi. È per questo che c’è un argomento speciale nel Lam-Rim esteso in cui si dice di vedere tutti gli insegnamenti come non contraddittori. “Non contraddittori” significa pensare: “per raggiungere il mio obiettivo, ho bisogno di questo, ho bisogno di quello e ho bisogno anche di quell’altro ( insegnamento)”. In questo senso diciamo che non sono contraddittori.
Quindi, non vuol dire soltanto che dobbiamo stare in armonia, che non dobbiamo biasimare, che dobbiamo rispettare l’altro. Un buddhista non dovrebbe criticare un indù, un musulmano pur restando in mezzo a loro. Dobbiamo praticare tutto quello che è il cammino buddista. Perciò, il bodhisattva deve proteggere la propria mente affinchè non venga inquinata dalle pratiche dell’egoismo. Il bodhisattva deve uscire da lì (da quell’ attitudine). La liberazione, o in qualunque modo volete chiamarla, ha bisogno di queste pratiche.
L’argomento degli zombies è finito…
Ricordiamo che queste trascrizioni sono fatte da studenti e non sono revisionate dal Maestro